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Per la prima volta un gruppo di ricerca internazionale, a cui partecipano anche MeteoSvizzera e l’SLF, ha raccolto e analizzato in modo uniforme i dati di neve del periodo 1971 – 2019 per più di 2000 stazioni di misura dell’intero arco alpino. Lo studio mostra che l’altezza della neve al suolo non è diminuita in modo uniforme dappertutto, ma che vi sono grandi differenze regionali.
A causa del cambiamento climatico, la durata della copertura nevosa al suolo tende a diminuire: a inizio stagione la neve cade più tardi e in primavera si fonde prima. Ovviamente esistono dati di neve non solo a livello svizzero, ma anche internazionale. Fino ad oggi l’analisi dei dati di neve per le Alpi è stata limitata ad alcune regioni o nazioni e mancava un’analisi che comprendesse tutto l’arco alpino. Tra le motivazioni di questa mancanza il fatto che i dati di neve misurati nei diversi stati della regione alpina non sono raccolti presso un unico centro e quindi sono difficilmente accessibili.
Ora confrontare i dati è più facile
Per la prima volta un gruppo di ricerca internazionale ha raccolto manualmente i dati dell’intero arco alpino e li ha analizzati in modo uniforme. Allo studio hanno partecipato anche l’Istituto per lo Studio della neve e delle Valanghe SLF e MeteoSvizzera. I risultati sono stati recentemente pubblicati nella rivista scientifica The Cryosphere. Lo studio ha considerato i dati di più di 2000 stazioni di misura di sei stati e ha confrontato l’andamento dell’altezza della neve al suolo e della durata della copertura nevosa negli ultimi 50 anni. «Su questi dati è stato condotto lo stesso tipo di analisi – afferma il coautore Christoph Marty, ricercatore dell’SLF – pertanto i risultati per le diverse regioni dell’arco alpino possono ora essere confrontati fra loro.»
Meno neve soprattutto al Sud

I risultati dello studio confermano osservazioni precedenti, cioè che nelle Alpi l’altezza della neve al suolo e la durata della copertura nevosa tendono a diminuire. In che misura, dipende fortemente dalla regione e dalla quota. Nello studio sono state considerate cinque regioni che rappresentano le diverse zone climatiche dal punto di vista della neve (vedi figura). Ad esempio, sul versante sudalpino la presenza della neve si è ridotta in modo più marcato rispetto a quello nordalpino. «Questo mostra che le osservazioni di una sola regione non possono essere generalizzate ad altre regioni, ma che bisogna analizzare le diverse aree singolarmente», dice il coautore e collaboratore di MeteoSvizzera Sven Kotlarski.
Questo rende ancora più prezioso il presente set di dati omogenei, che fornisce un quadro dettagliato dell’andamento della neve nelle Alpi negli ultimi cinquant’anni. «Si tratta del risultato di una cooperazione esemplare tra le istituzioni dei vari Paesi» afferma Marty. I dati sono ora in gran parte accessibili liberamente, in modo che possano essere utilizzati in futuro anche da altri ricercatori per i loro studi, per esempio per studiare il disgelo o il cambiamento climatico.
Allo studio, guidato dall’Istituto di ricerca Italiano EURAC, hanno partecipato più di venti istituzioni di Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera, che hanno fornito i dati giornalieri dell’altezza della neve misurata dal 1971 al 2019 presso le proprie stazioni di misura, la maggior parte delle quali è situata fra 500 e 2000 metri di quota.
Nell’82 % delle stazioni l’altezza della neve in inverno è diminuita in modo, mentre in primavera questa percentuale sale al 90 %. Al di sotto dei 2000 metri il numero di giorni con neve al suolo si è ridotto negli ultimi cinquant’anni di 22 – 27 giorni al Nord e di 24 – 34 al Sud, in base alla quota. Ciò corrisponde a una diminuzione dal 10 al 35 % in inverno e dal 30 al 50 % in primavera, a seconda dell'altitudine.