Studio degli habitat estremi

05.10.2021 | Diario di bordo

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Una spedizione nella Groenlandia del nord ha portato il botanico dell’SLF Christian Rixen a raggiungere le piante più settentrionali al mondo e le cime montane che svettano su un mare di ghiaccio. Nel suo articolo racconta inoltre di come i ricercatori hanno scoperto per caso l’isola più settentrionale al mondo e dell’incontro inaspettato con un orso polare.

La Groenlandia è vasta. Molto vasta. La sua estensione latitudinale corrisponde alla distanza tra Oslo e la Sicilia. Su questo territorio abitano tuttavia meno di 60’000 persone. La strada più lunga misura 51 km circa e non ci sono nemmeno due centri abitati collegati da una strada. Nel nord-est della Groenlandia si trova inoltre il parco nazionale più vasto al mondo, che al contempo è anche il meno frequentato. Ambizioso si presentava di conseguenza il progetto di fare il giro attorno alla metà settentrionale della Groenlandia con un elicottero e un piccolo aereo (un Twin Otter) nel quadro di una spedizione svizzero-danese di 12 persone denominata «Leister Expedition Around North Greenland 2021».

La spermatofita più settentrionale al mondo

Quest’ultima aveva fra i suoi obiettivi lo studio di habitat estremi, prendendo per esempio in esame le piante e o gli organismi del suolo alle massime latitudini o sulle sommità delle montagne che svettano sul ghiaccio groenlandese (le cosiddette nunatak). La ricerca su questi confini della vita è importante anche per comprendere i mutamenti, in particolare nell’epoca del cambiamento climatico. Eravamo dunque ansiosi di capire quale sarebbe stata la pianta più settentrionale del nostro pianeta. Curiosamente, si è trattato di una sassifraga, per giunta della stessa specie che anche sulle Alpi detiene il record della massima altitudine (essendo stata individuata sulla cima del Dom a circa 4500 m di quota).

Nonostante la regione sia così isolata, è già stata visitata in passato da botanici, circostanza che permette di trarre interessanti considerazioni sui cambiamenti nella flora. Nel 1934 il botanico danese Gelting aveva mappato la vegetazione fino a 1200 m di altitudine sul livello del mare. Il suo collega svizzero Fritz Hans Schwarzenbach studiò dagli anni ‘50 la distribuzione altitudinale delle piante in diversi luoghi nella Groenlandia nordorientale. Nel 2001 ripeté poi le indagini di Gelting e scoprì che molte specie vegetali erano nel frattempo presenti ad altitudini maggiori: risultati comparabili con quelli ottenuti durante le nostre ricerche sulle Alpi svizzere.

«isola del nord»

Mentre studiavo le piante del capo più settentrionale della Groenlandia, alcuni partecipanti alla spedizione sono partiti in elicottero per esplorare un’isoletta sita ancora più a nord, che già da alcuni decenni non era più stata avvistata. Là dove avrebbe dovuto esserci l’isola hanno tuttavia trovato solo lastroni di ghiaccio. Allargando la ricerca hanno trovato terra circa 800 m più a nord. Solo dopo la spedizione è emerso senza ombra di dubbio che quella che in precedenza era considerata l’isola più settentrionale era stata cancellata dalle tempeste e dalla deriva del ghiaccio, ma per contro era sorta una nuova isola più a nord. Quest’ultima aveva ora bisogno di un nome. La proposta? «Qeqertaq Avannarleq», che in lingua groenlandese significa «isola del nord».

Troppo caldo

Nonostante la vicinanza con il Polo Nord, abbiamo avuto modo di vedere con i nostri occhi gli effetti del cambiamento climatico. Alcuni partecipanti di notte avevano caldo nel sacco a pelo. In seguito siamo venuti a sapere che a mezzanotte erano stati misurati ben 19,8 °C: praticamente una notte tropicale! Per fare un confronto: le temperature notturne a Davos non hanno ancora mai superato i 14 °C. In questa fase calda, in Groenlandia è stata registrato uno dei maggiori eventi di scioglimento dall'inizio delle misurazioni. Inoltre, poco dopo, per la prima volta da quando vengono effettuate le osservazioni ha piovuto sul punto più alto della calotta di ghiaccio groenlandese (a 3216 m).

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Campo a Citronenfjord, a 772 km dal Polo Nord. Foto Christian Rixen, SLF
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Nonostante da lontano sembrasse solo un deserto senza vita è stato possibile individuare delle piante. Foto Martin Breum
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Panorama verso sud dal capo Morris Jesup nella Groenlandia settentrionale. A nord c’è solo ghiaccio, un paio di isolette (sulle quali è ancora presente la sassifraga) e a 700 km il Polo Nord. Foto Christian Rixen, SLF
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Le sommità delle montagne che svettano sul ghiaccio sono denominate nunatak. Durante l’ultima glaciazione anche le Alpi avevano probabilmente un aspetto simile. Foto Christian Rixen, SLF
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L’orso polare non sembrava particolarmente alla ricerca di cibo, ma doveva comunque essere allontanato dall’accampamento. Foto Christian Rixen, SLF

Sentimenti contrastanti

I preparativi per la spedizione avevano previsto, tra le altre cose, un addestramento di tiro per l’eventualità in cui avessimo incontrato un orso polare. Ci siamo dunque diretti in Groenlandia in preda a sentimenti contrastanti: da un lato l’idea di vedere un orso polare era affascinante, dall’altro speravamo che ciò non avvenisse a distanza ravvicinata. Sull’isola di Ella pensavamo che le probabilità di incontrare un orso polare fossero molto scarse. All’improvviso però, di ritorno da una escursione ho avvistato a metà strada fra noi e il nostro campo un tenero orso bianco. Non sembrava nervoso né affamato, ma si stava lentamente dirigendo verso l’accampamento, dove i nostri colleghi erano impegnati in lavori sul campo. Grazie alla radio abbiamo informato rapidamente tutti e sparando diversi colpi in aria siamo riusciti a scacciare l’orso. In realtà è stato un vero peccato, visto che inizialmente avevamo potuto osservarlo pacificamente nel suo territorio. Ma la cosa migliore è stata il fatto che si sia trattato di un incontro senza spargimenti di sangue.

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