Bosco di protezione e mutamento climatico

I boschi sono da sempre soggetti a trasformazioni naturali. Negli ultimi tempi, si presuppone che l'influenza esercitata su di loro dal mutamento climatico sia aumentata notevolmente. L'istituto SLF ha studiato insieme all'UFAM i seguenti interrogativi: Come si sono sviluppati i boschi delle Alpi svizzere negli ultimi 30 anni sotto l’effetto del mutamento climatico? Quali sono le tendenze future? Quali sono le ripercussioni sul clima da tali cambiamenti?

Per poter rispondere a queste domande, gli scienziati da un lato ricorrono ai dati raccolti nell'Inventario Forestale Nazionale (IFN) e alla statistica di superficie e, dall'altro, studiano i processi in corso presso vari boschi, elaborando possibili scenari futuri.

Il bosco si estende e diventa più fitto

Dalle ricerche emerge che negli ultimi 30 anni i boschi di montagna si sono notevolmente estesi e infittiti, soprattutto sui versanti ripidi. Inoltre, si osserva un cambiamento nella composizione di specie: Alcune varietà come l'abete rosso e il larice hanno rafforzato la loro presenza alle altitudini più elevate, mentre alle quote più basse la concorrenza di specie più termofile come l’abete bianco e il faggio aumenta. I ricercatori suppongono che il mutamento climatico sia corresponsabile di queste trasformazioni: temperature più elevate accelerano la crescita delle piante. Inoltre, producono anche effetti indiretti sugli alberi, perché riducono lo spessore del manto nevoso e la durata della copertura nevosa. I cambiamenti attuali dei boschi, non sono unicamenti attribuibili al clima, ma anche all’utilizzo da parte dell’uomo e a diversi fattori locali. E quindi molto difficile stabilire univocamente il contributo diretto del clima.

Il pericolo di disastri naturali è in aumento

A prima vista, l’espansione dei boschi e la crescita accelerata degli alberi a quote più elevate costituisca un vantaggio, perché così aumenta la superficie di bosco protettivo. Nei boschi più fitti si staccano inoltre meno valanghe che nelle zone più rade. L'effetto protettivo di molti boschi è effettivamente migliorato ad altitudini elevate, anche se non sempre dove sarebbe stato più utile. I boschi più fitti presentano però anche rischi: sono infatti più esposti al rischio di incendio, agli attacchi da bostrico e alla rottura causata da tempeste e nevicate. Inoltre, non essendo stati rinnovati, questi boschi hanno bisogno di più tempo per ripristinare il loro effetto protettivo dopo un disastro naturale.

Quando il bosco viene danneggiato in modo esteso in seguito a un disastro naturale, il suo effetto protettivo contro le valanghe diminuisce drasticamente. Particolarmente nei boschi di protezione, le trasformazioni attualmente in corso devono quindi essere valutate come critiche e richiedono contromisure, soprattutto perché in futuro le temperature più alte e i periodi di siccità più frequenti aumenteranno ulteriormente, con tutta probabilità, il rischio di incendi boschivi e attacchi da bostrico.

Valanghe nei boschi sempre più rare

La probabilità di distacco di una valanga in un bosco dipende molto dalle condizioni meteo. Secondo un'analisi svolta su 189 valanghe che si sono staccate in un bosco, esistono due condizioni meteo tipiche in cui la probabilità di distacco aumenta: quando in tre giorni cadono più di 50 cm di neve, i venti sono forti e le temperature rimangono permanentemente fredde, possono verificarsi distacchi di lastroni di neve fresca anche nel bosco. Quando nel bosco è presente un manto nevoso sufficientemente spesso e le temperature aumentano causando un indebolimento del manto, possono verificarsi distacchi di lastroni di neve vecchia anche nel bosco. Dal 1971, cioè da quando esistono dati di misura sufficientemente affidabili, queste due tipiche condizioni meteo ricorrono sempre più raramente (Fig. 3). Dal momento che le condizioni di innevamento variano notevolmente di anno in anno, anche in futuro potranno comunque verificarsi distacchi di valanghe nei boschi.

L'estensione dei boschi si ripercuote sul clima

Nel bosco, i raggi solari non vengono riflessi bene come nelle aree diboscate, soprattutto quando il suolo è innevato. Al suolo boschivo viene per questo ceduta più energia di quella che viene ceduta in aree diboscate. Fino ad oggi, non è ancora possibile quantificare gli effetti "riscaldante" e quello "raffreddante" causati dal fatto che le piante trasformano il gas serra biossido di carbonio (CO2) in ossigeno (O2), permettendo così al suolo di rilasciare una maggiore quantità di radiazione termica. Nel corso di uno studio effettuato sull'intero territorio alpino svizzero è emerso che nelle zone di montagna situate al di sopra dei 1200 m l'effetto "riscaldante" non solo deve essere considerato di enorme importanza a lungo termine, ma riduce l'effetto "raffreddante" di oltre il 60%. L’effetto positivo dell'estensione boschiva sul clima si è rivelato pertanto nettamente minore del previsto.

Sfide della ricerca e della cura di boschi

Il progetto di ricerca dimostra che le relazioni tra i mutamenti climatici e i boschi di protezione contro le valanghe sono estremamente complesse: se il bosco continuerà a estendersi e infittirsi, a breve termine proteggerà meglio contro frane e valanghe, ma sarà anche più esposto al rischio di incendi, agli attacchi da bostrico e alla forza dei venti. In futuro le mutate condizioni meteo aumenteranno probabilmente il rischio di incendi boschivi e attacchi da bostrico, mentre quelle tipiche che favoriscono il distacco di valanghe nei boschi diventeranno sempre più rare. Per poter comprendere meglio queste complesse interazioni saranno necessarie ulteriori ricerche.

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