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Pattern spaziali della stabilità del manto nevoso e loro cause. Processi meteo

 

La chiave per prevedere i pattern di stabilità spaziali?

 

Nell’arco alpino densamente popolato le valanghe di neve a lastroni rappresentano uno dei principali pericoli naturali. A livello regionale, oggi questo pericolo di valanghe può essere previsto in modo piuttosto affidabile. Tuttavia continua a non essere possibile prevedere con precisione dove e quando si verificherà il distacco di una valanga. Per garantire una previsione affidabile non è solo importante osservare com’è stratificato a livello locale il manto nevoso e quanto è stabile, ma anche sapere come varia la sua stabilità a livello spaziale.

In linea di principio è possibile stabilire le variazioni spaziali nel terreno attraverso metodi di telerilevamento da satellite o una modellazione tridimensionale del manto. Entrambi questi approcci non sono però ancora stati sviluppati a tal punto da poter essere già applicati. Attraverso il telerilevamento non è possibile stabilire direttamente la stabilità del manto, mentre i requisti posti oggi alla modellazione sono ancora troppo complessi. Per poter modellare i pattern spaziali della stabilità del manto nevoso occorre sapere quale aspetto hanno questi pattern e come vengono modellati dalle precipitazioni, dal vento e dall’irraggiamento. Solo dopo sarà possibile valutare, sulla base dell’andamento meteorologico, come potrebbe variare in una determinata situazione il manto e quindi la sua stabilità.

 

Campagna di rilevamento in un’alta valle sopra Davos

Nel quadro di una tesi finanziata dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, i ricercatori dell’SLF hanno analizzato a fondo i pattern e le cause di queste differenze spaziali nella stabilità del manto nevoso svolgendo ripetute campagne di rilevamento (Figura 1) in un’alta valle sopra a Davos, la Steintälli. Con l’aiuto di scanner laser terrestri hanno misurato l’altezza del manto e, attraverso i profili stratigrafici e i test di stabilità, valutato la sua stabilità. Con la sonda SnowMicroPen (SMP) hanno inoltre misurato la stratificazione del manto, cioè le variazioni a livello di resistenza alla penetrazione. Nel giro di un giorno sono così stati in grado di svolgere circa 150 misure. In aggiunta, le varie stazioni meteo presenti in loco hanno fornito i dati necessari per la modellazione numerica del manto.

 

I ricercatori sono riusciti per la prima volta a far risalire dai dati SMP informazioni legate alla stabilità del manto nevoso. Essi hanno sviluppato un metodo per far risalire dal segnale della resistenza alla penetrazione l’indice di stabilità e la lunghezza critica della frattura. Entrambi i parametri – strettamente legati non solo ai processi che scatenano una valanga, ma anche alla formazione e alla propagazione della frattura – sono quindi particolarmente indicati per misurare la stabilità del manto nevoso. I ricercatori hanno poi confrontato i valori calcolati di questi due parametri con le osservazioni compiute sul posto (Figura 2).

 

Carte della stabilità del manto nevoso

Con l’aiuto di un modello geostatistico, dai punti di misura i ricercatori hanno creato delle mappe per l’indice di stabilità e la lunghezza critica della frattura. In questo caso il parametro più importante era l’esposizione del pendio, grazie alla quale è stato possibile migliorare – insieme all’altezza del manto nevoso o all’inclinazione del pendio – l’interpolazione. In altre parole, l’esposizione di un pendio è la principale caratteristica del terreno dal punto di vista della stabilità. Per la prima volta in assoluto queste mappe rappresentano la stabilità del manto nevoso con un’alta risoluzione, pari a circa 1 m (Figura 3), e possono così essere utilizzate per un confronto con i risultati della modellazione numerica del manto. Non è stata una sorpresa scoprire che esiste una relazione tra la stabilità media e il grado di pericolo, ma che nonostante lo stesso grado di pericolo le distribuzioni spaziali possono essere nettamente diverse.

In una fase successiva i ricercatori hanno simulato con l’aiuto del modello Alpine3D sviluppato dall’SLF come e con quali condizioni meteo variano le caratteristiche del manto nevoso. Nonostante la complessità dei processi e un metodo di modellazione inizialmente semplice, sono già stati in grado di riprodurre alcuni pattern. Le variazioni misurate nella stabilità del manto nevoso hanno potuto essere ricondotte soprattutto alle differenze a livello di bilancio radiativo e regime delle precipitazioni. Per poter continuare questo processo è necessario perfezionare il metodo di modellazione. Solo con una modellazione dei trasporti di neve che si avvicini il più possibile alla realtà sarà infatti possibile rilevare le differenze a livello di altezza del manto nevoso sul terreno tanto importanti per la stabilità.

 

Previsione delle variazioni spaziali della stabilità del manto nevoso

I risultati delle ricerche dimostrano che, in combinazione con i modelli meteorologici ad alta risoluzione, i modelli del manto nevoso possono supportare la previsione delle valanghe. In futuro sarà così possibile prevedere non solo il grado di pericolo, ma anche la variazione del pericolo. Prima che tutto questo possa diventare realtà occorrono tuttavia ancora molte ricerche: i parametri meccanici della neve e i concetti meccanici di frattura devono essere implementati nella modellazione del manto nevoso ed è necessaria una previsione molto dettagliata dei parametri meteo in montagna.

 

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