Crolli di rocce nel permafrost

Ci occupiamo di studiare quali effetti esercita il permafrost sui crolli di rocce in alta montagna nell’era dei cambiamenti climatici.

Un crollo di roccia è il punto finale di un processo globale di destabilizzazione durato in parte migliaia di anni al quale partecipano diversi fattori trainanti. Il permafrost, che in relazione alla stabilità della parete rocciosa vanta caratteristiche molto contraddittorie, è uno di questi. Da un lato è un fattore stabilizzante che può impedire il collasso delle parti stabili della roccia. Inoltre, limita la portata in profondità di processi distruttivi come i cicli gelo-disgelo e le infiltrazioni profonde di acqua nella roccia. Allo stesso tempo il permafrost può però anche amplificare l’effetto destabilizzante di ulteriori fattori:

ad esempio favorisce la pressione criostatica causata dal ghiaccio di segregazione. Il ghiaccio di permafrost impedisce il deflusso dell’acqua nelle crepe e, quando la superficie della roccia rigela, permette la formazione di un fronte chiuso di congelamento intorno a quest’acqua, che a sua volta favorisce la disgregazione da gelo. Anche i processi termomeccanici esercitano un effetto più forte nel permafrost, perché il ghiaccio nelle crepe ha un coefficiente di dilatazione nettamente più alto della roccia stessa. Il permafrost catalizza così la frastagliatura della roccia, ma contemporaneamente impedisce i movimenti delle masse. Tuttavia, non appena il permafrost si riscalda o sparisce, le instabilità create si attivano. Questo accade in seguito ai cambiamenti climatici, che non causano solo un aumento delle temperature medie e degli eventi di calore estremo, ma anche il ripetersi di precipitazioni intense in alta montagna. Una circostanza che viene confermata dalla banca dati dei crolli di rocce dell’SLF, nella quale si registra un aumento dei crolli di rocce nel punto dell’anno in cui la temperatura delle stesse raggiunge il suo picco e alle altitudini caratterizzate dalla presenza di permafrost caldo (Fig. 1).

Ghiacciai e precipitazioni intense

Oltre a esercitare i loro effetti distruttivi veri e propri nei confronti delle pareti rocciose, gli ulteriori fattori “ghiacciaio” e  “precipitazioni intense” possono amplificare ulteriormente questo riscaldamento del permafrost: In seguito alla scomparsa delle pareti rocciose precedentemente ghiacciate, il permafrost può entrare in squilibrio e perdere il suo effetto stabilizzante. In una parete rocciosa con permafrost le piogge intense apportano grandi quantità di energia laterale e possono causare un riscaldamento del ghiaccio presente nelle crepe.

Anche se di per sé è solo una condizione termica e quindi non un fattore scatenante di crolli di rocce, il permafrost svolge una funzione di regolazione. Esso può sia amplificare sia rallentare i processi distruttivi, ma anche conservare o attivare le instabilità. Nell’attuale fase di riscaldamento e degenerazione del permafrost vengono attivate soprattutto le vecchie instabilità latenti. Allo stesso tempo, gli strati attivi più profondi del permafrost permettono ai cicli gelo-disgelo e all’acqua meteorica di esercitare effetti di portata più vasta. Di conseguenza, in un periodo in cui persistono i cambiamenti nel permafrost, dobbiamo confrontarci con una frequenza nettamente più alta di crolli di rocce.

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